Tuesday, February 8, 2011

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2 Dead Space Ghost Trick


Dead Space 2 è un seguito da manuale; è facile fare un inventario dei potenziamenti apportati entro la mantenuta formula a base di smembramenti e fantascienza a tinte oscure.
L'arsenale propone più interessanti alternative al tagliatore d'ordinanza, dalle mine di prossimità al lancia-arpioni, passando per la revisione delle modalità di fuoco secondario; l'uso della telecinesi, con cui strappare (anche al volo) gli uncini dei necromorfi per sfruttarli come proiettili, è stato integrato come ulteriore soluzione offensiva. In generale, le stesse animazioni di ricarica e puntamento di ciascuna arma restituiscono inedita piacevolezza e fluidificano i controlli.
I nemici stavolta si discostano con frequenza dalla tipologia standard, attaccando sotto forme infantili insidiose per  numero e sfuggevolezza o in varianti dotate di sputi corrosivi debilitanti al contatto.
Le scenografie, forti di modellazione e illuminazione sontuose, rendono l'idea di un'ambientazione   meno asettica e distaccata degli interni rigorosamente industrial-tecnologici dell'Ishimura d'esordio; il valore aggiunto in varietà e caratterizzazione si paga al trascurabile prezzo di una minor coerenza complessiva, in compenso le atmosfere e la composizione dei settori della stazione spaziale lasciano intravedere positive influenze da Bioshock.
Sempre a proposito d'ipotetiche influenze, si potrebbero individuare certi artifici di regia nello stile efficace del binomio Fear\Condemned e un'attenzione a quel moderno senso del ritmo esemplificato da Uncharted 2.
Ultima ma non ultima, la gravità zero; svincolatasi dalla rigidità di salti rettilinei e di goffi atterraggi, in favore di un libero e spettacolosamente animato fluttuare nello spazio tridimensionale, fa un grosso passo avanti in termini d'estetica.

Dead Space 2 è un seguito fin troppo da manuale.
Il cuore della componente action continua a soffrire di corto respiro. Troppa mattanza a breve raggio di creature che si catapultano addosso al giocatore in spazi stretti e banalmente conformati; il design dei livelli è unidimensionale, non solo nel senso dell'assoluta linearità della progressione.
L'esperienza horror, nel tentativo di prendersi sul serio e puntare su risvolti piscologici, continua a difettare tanto d'anima quanto di puro divertissment splatter-avventuroso; il protagonista “operaio” è uscito dall'originario mutismo per limitarsi a fornire, in larga parte, battute di circostanza su altrettanto triviali questioni di terminali da repair and unlock doors, with no significant gains on the front of the mechanisms of empathy or fear.

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